L’epoca d’oro fu catalogata dai cinesi come una specie di “genesi” degli esseri umani, dove questi ultimi vivevano in pace e armonia; poi la società degenerò, ma restava la speranza che si sarebbero potuti stabilire nuovamente i suoi modelli. Essa era nutrita da un enfasi sullo schema ciclico della natura, simboleggiato dalle fasi della luna, e dall’ipotesi che le sue leggi avrebbero avuto allo stesso modo attinenza con la storia umana.
Si sviluppò l’idea del ciclo dinastico – moto regolare con l’ascesa e la caduta delle dinastie –, in esso l’elemento chiave era il comportamento umano con la sua tendenza a deviare dai principi morali. perciò Sima Qian, il Grande Storico, che visse tra il 145 e il 90 a.C., riassume la successione di dinastie precedente alla sua epoca.
Come conseguenza di tale punto di vista, e dal momento che diventò abitudine degli storici cinesi registrare gli avvenimenti inerenti la dinastia precedente, la storia della Cina fu ripartita in sezioni dinastiche. Ciò è in contrasto con la tradizione storica dell’Occidente che tendeva a percepire gli eventi come una progressione lineare piuttosto come una ripetizione ciclica. Questo ha condotto alcuni storici occidentali a criticare il concetto ciclico perché costituiva un ostacolo alla comprensione della dinamica fondamentale della storia cinese e a tentare di sostituirlo con interpretazioni lineari.
Edwin O. Reichauer fornì un sostegno alla base personale e morale dell’opinione cinese tradizionale. Egli pose in rilievo che il fondatore di una dinastia doveva essere un uomo di grande talento e notevole forza, laddove gli ultimi sovrani, allevati in una corte sfarzosa e dominata dagli intrighi, probabilmente erano deboli di carattere. Aggiunse che la maggior parte delle dinastie cinesi dovevano successivamente aver prodotto almeno un forte sovrano che ne aveva fatto rivivere le fortune. Comunque il carattere del governo era anche soggetto alla degenerazione via via che il tempo passava a causa delle lotte sempre più violente tra le fazioni di corte.
In contrasto con l’idea di struttura ciclica è il concetto di progressione lineare, che permea molte interpretazioni occidentali della storia cinese. L’esempio più ovvio è il punto di vista marxista, con la sua presunzione implicita che tutte le società umane seguono lo stesso percorso verso l’alto, da quella primitiva passando attraverso la schiavitù, fino al feudalesimo, al capitalismo, al socialismo e infine al comunismo. Non è mai stato facile, persino per i marxisti convinti, applicare efficacemente questa progressione all’esperienza cinese.
Un’altra forma di approccio lineare è quella in cui si applica alla Cina una visione della divisione tripartita (un errore) della storia antica, medievale e moderna, che è diventata così profondamente radicata dall’opinione occidentale sullo svilito della civiltà europea.
Un contributo particolarmente influente all’interpretazione della storia cinese fu dato allo storico giapponese Naito Torajiro. Questi mise in dubbio il punto di vista ampiamente sostenuto secondo cui il periodo moderno della storia cinese era cominciato con l’arrivo degli Occidentali, sia con la venuta dei mercanti e dei missionari del XVI secolo, sia con l’apertura della Cina dopo la prima Guerra dell’Oppio. Egli argomentò che in realtà aveva avuto inizio all’epoca della dinastia Song (960-1279), poiché in tale periodo la società aristocratica era definitivamente scomparsa. Essa era stata sostituita da una in cui era stato stabilito il potere dispotico dell’imperatore e allo stesso tempo si era verificato un miglioramento nella posizione dei cittadini comuni, non più schiavi (o piuttosto servi) dell’aristocrazia.
La teoria di Marx della storia supponeva che tutte le società avessero condiviso un’esperienza comune. Tuttavia, il punto di vista occidentale riguardo la Cina è sempre partito dalla contrastante permessa che la società cinese è fondamentalmente diversa da quella dell’Occidente. Le percezioni della Cina come società fondamentalmente diversa dall’Occidente ha portato a una dicotomia che ha attraversato gran parte delle successive opere occidentali su di essa. Da un canto esiste un’opinione favorevole, che le attribuisce il ruolo di modello per l’Europa; infatti il famoso Voltaire, il quale considerò il sistema di governo cinese, con il suo affidarsi a consigli provenienti dagli eruditi e la sua prescrizione della tolleranza religiosa, come un modello da emulare.
In Occidente è stato a lungo supposto che la civiltà cinese non avesse preistoria. Tuttavia, tale ipotesi fu scartata negli anni Venti del 1900, quando fu introdotto in Cina il modello dell’archeologia sul campo e cominciarono a essere fatte importanti scoperte. Da allora è stata prodotta un’enorme quantità di informazioni sulla sua preistoria. Tuttavia, una gran parte è ancora in fase di interpretazione e vi sono molte lacune sostanziali nelle nostre conoscenze.
J. A. G Roberts