Il concetto di unione che oggi abbiamo rispetto ai tempi che furono, anche se ne ha le basi di un’antichità oramai passata e, ci tengo a sottolinearlo, dimenticata, è un’idea, un’ideologia e un’ideale che non ha molto a che fare con il pensiero di un tempo. Spesso tralasciamo il fatto che quello che oggi disdegniamo un tempo era la modernità, il valore comune e ciò che meglio poteva essere per la società. Quella che nei primi del Novecento venne definita come vecchia Vienna, un tempo era la modernità e lo splendore assoluto. Amare la storia, scrivere di storia, leggere la storia e assaporarne tutta la sua essenza, significa volgersi al passato. Per chi ne è veramente appassionato e ne fa il sua vita, questa non può essere una semplice evasione. La storia non è una fiaba, essa significa confronto, verifica e ricerca di identità; ma ricordiamo che la storia non è nemmeno memoria, è disciplina e la razionalizzazione di essa.
I nostri stessi interessi per un passato remoto sono ben radicati nel nostro presente, va di logica che si pensa sempre al passato in funzione del presente, ma la storia non va attualizzata; quest’ultima parola, attualizzare, è nemica della storia. Chi è storico ed è serio nella suo lavoro è conscio che l’attualizzazione è cattiva consigliera: apre la strada all’anacronismo e all’uso strumentale del passato.
Anche uno storico delle religioni, in quanto la religione ha sempre avuto un ruolo fondamentale per la società antica, per le tribù, per un impero non trascura questo fatto. Questa non è solo da collante per un intero popolo, ma ci ha educati e identificati per tutta l’evoluzione della specie umana e, soprattutto, per l’unione che ne simboleggiava. Le religioni è le scienze delle religioni, una scienza comparativa che si interessa alle diverse religioni e alle loro rappresentazioni, usanze e comunità. Mentre la teologia si interessa principalmente alla riflessione sulla fede cristiana dall’Antico Testamento fino a oggi, in un’ottica soprattutto diacronica, le scienze delle religioni portano a confronti tra le diverse religioni da un punto di vista quasi sempre sincronico.
La ricerca storica non postula la religione come un fenomeno unico e monolitico, ma va constatata in base alle diverse culture umane e che presentino ciascuno una propria distinta individualità. Tralasciando il metodo deduttivo, il procedimento storico utilizza il metodo induttivo, mosso dall’esame di concreti fatti storici; percependo la differenza sussistente fra un contesto come quello Cristiano da una parte, e dall’altra un fenomeno riconoscibile presso oltre popolazioni illetterate. Abbiamo un unico Dio, creatore di tutte le realtà, sia invisibile che visibile, trascendente rispetto alla sua creazione, che garantisce i valori etici regolamentari della vita umana e abbiamo la credenza nell’esistenza di una molteplicità di entità non umane o sovrumane, considerate presenti nell’ambiente in cui l’uomo vive e capaci di influire a vario titolo su di lui.
Uno definito tradizionalmente come monoteistico, ossia fondato sulla nozione dell’esistenza di un unico Dio, l’altro, caratterizzato dalla presenza di una purità di entità, è ricostruibile nei contesti tradizionalmente nominato politeistico. Nella società antica, fino ad arrivare a quella moderna (non contemporanea), nel corso della storia verso un unione europea, esse hanno influito sia in senso negativo che positivo.
L’importanza del fenomeno religioso si caratterizza anche per la sua natura di un dato tradizionale all’interno di una comunità, coinvolgendo il singolo e l’intero gruppo sociale nella credenza e nel culto, creandone un punto di unione nell’identificazione dell’intera tribù, società, dell’intero popolo. Sono atti rivolti a entità di un livello diverso da quello umano, ma che è capace di influire sulla vita dell’uomo e sullo scenario in cui si muove.
Che lo si accetti o no, le religioni (monoteista e politeista) sono importanti per quanto riguarda il percorso storico della progressione umana nella sua civiltà.
Spesso, erroneamente, le religioni sono associate solo alla fede, vedute come un sistema negativo per la società e la libertà dell’essere umano; a causa di questi pregiudizi e dell’attualizzazione delle società di un tempo si casca in questo errore. In realtà questo collante della società, la fede collettiva, in entità sovrannaturali e moralizzatrici è una conseguenza dello sviluppo di civiltà strutturate. Entità superiori che si occupano della moralità dell’uomo, proteggono i virtuosi e puniscono i trasgressori, questo era quello che rappresentavano le religioni di un tempo, di riflesso erano non solo le leggi divine ma anche terrestri.
Le piccole società tradizionali (quelle che un tempo, e da una ingenerosa prospettiva, sarebbero state definite pagane) credevano in divinità che poco si occupavano delle faccende umane, ma che, invece, i fedeli le dovevano venerare e ottemperare le offerte rituali.
Le società di un tempo erano caratterizzate da piccole tribù, o piccole comunità dove un comportamento scorretto o diverso (poco cooperativo) veniva subito notato. Ma quando i siti diventano città, o comincia ad aumentare la popolazione e questa ha dei contatti con altre popolazioni, ecco che l’avere a che fare con gli estranei comincia a diventare complesso, soprattutto l’identificazione di atteggiamenti antisociali. Per tenere sotto controllo la situazione, per facilitarne la collaborazione e la cooperazione, comincia a nascere la necessità di un nuovo sistema di sorveglianza, o che comunque atto a tenere in comunione l’intera società, la nascita, la teofania e l’epifania di un vecchio che sorvegli dall’alto, diventato indispensabile e fondamentale.
Le società complesse dove da secoli ci hanno portato a chiederci come mai l’essere umano è una specie animale dove è indispensabile la collaborazione e l’unione in gruppi di individui geneticamente associato. I fattori come l’agricoltura, la guerra e le religioni sono correlati tra di loro. Questa fede in divinità naturali rappresentava il concetto di lealtà e fedeltà, queste divinità, possiamo chiamarle anche moralizzatrici, vennero con l’incremento della popolazione e quindi la necessità di allargare il territorio. Quindi, la fede in entità sovrannaturali capaci di giudicare e punire è comparsa soltanto dopo la transizione da società semplici a complesse; i rituali con la loro regolarità sono iniziati molto prima, sviluppandosi centinaia di anni prima delle grandi divinità moralizzatrici. Questi riti di gruppo possono aver agito come collante, rendendo la tribù o la piccola civiltà cooperativa e unita tra loro portando, di riflesso, a un senso di appartenenza a una realtà più grande.
Non lontani sono gli elementi che corrispondono e ci inducono ad attribuire alcune corrispondenze agli Indoeuropei, una teologia che, prima della loro dispersione, ha la struttura imperniata sulla sovranità, forza e fecondità. Tutto diviso in riti e credenze con miti e ideologie, in funzione della punta del triangolo che è l’oggetto di fede: un universale culturale.
Fatto sta, le definizioni che diamo a oggi del fenomeno religioso non possono essere corrette perché la storia non va attualizzata, ma possono avere un tratto comune: ciascuna contrappone, a suo modo, il sacro e la vita religiosa al profano e alla vita secolare; ma è quando vogliamo delimitare la sfera della nozione di sacro che iniziano le difficoltà. Le difficoltà sono di carattere storico, pratiche, quasi dappertutto ci troviamo di fronte a fenomeni religiosi complessi, i quali presuppongono una lunga evoluzione storica.
Il sacro si manifesta sempre in una certa situazione storica, quindi siamo in presenza di ierofanie (le manifestazioni del sacro), l’esperienze mistiche subiscono sempre l’influenza del mondo storico.
Dai profeti ebraici, i quali sono debitori degli avvenimenti storici. La venerazione di un albero in un certo posto presso una specifica popolazione (esempio gli indiani), non è solo una manifestazione del sacro, questa ierofania non è solo storica ma anche locale.
Per ricostruire le religioni germaniche o slave bisogna ricorrere a documenti folclorici, in questo caso va anche accettata la loro interpretazione: un iscrizione runica, un mito molto antico e da molti secoli non più compreso, monumenti protostorici, riti e leggende popolari. Se partissimo dai primitivi capiremo che la vita religiosa di questi popoli era relativamente complessa, che non la si può ridurre all’animismo, al totemismo o al culto degli antenati, in quanto ha la conoscenza di Esseri Supremi dotati di tutto il prestigio del Dio creatore e onnipotente.
In ambito cristiano-occidentale si intende col termine «religione» un complesso organo di credenze, di istituzioni, di pratiche rituali e di comportamenti etici che riguardano il rapporto dell’uomo con Dio e con il livello sovrumano e divino. Confrontando un autore romano del I secolo a.C. e alcuni cristiani del II e V secolo d.C. possiamo constatare come questa definizione sia il frutto di un lungo processo storico e implichi profonde trasformazioni di senso.
La definizione cristiana di religione si ha soprattutto con le opere di Agostino, Lattanzio nelle Divinae institutiones oppone il termine religio da relegere a quello che invece lo fa derivare da religare. Questo confronto/scontro su due diverse maniere di porsi dinnanzi a quel livello, altro, dall’uomo legittima ciò che definiremo del divino (dati i contesti culturali che utilizzano il termine deus/dii).
Cicerone, invece, spiega l’attributo di religious in rapporto all’individuo che assume un atteggiamento accurato ed esamina tutta la complessità d’azioni umane che hanno come oggetto quegli esseri sovrumani, che nel suo ambiente culturale sono gli dèi.
La derivazione proposta dal verbo relegere all’aggettivo religious e dell’etimo religio qualifica e ci chiarisce l’orizzonte religioso dell’antica Roma.
Con Evemero di Messina (III secolo a.C) – che abbiamo appunto la definizione di evenerismo – sarebbe derivata la divinazione dell’individuo di antichi uomini: autori di invenzioni benefiche per la vita umana. Questa divinazioni la troviamo, molto probabilmente, anche in persone rese poi divinità nelle tradizioni norrene, dove il personaggio o i personaggi in questione dimostrano di possedere certe caratteristiche che sono alla base di certe tradizioni. Questa moltitudine di dèi li rivestita di sembianze e forme umane, fornirono materia nelle leggende dei poeti ma hanno anche riempito la vita umana di ogni forma di superstizione; è fondamentale analizzare quest’ultima parola: la superstitio si propone come conseguenza di un’errata concezione del divino. A oggi assume un significato negativo, mentre un tempo – superstitio da di superstāre ‘stare sopra’, ‘ciò che sta sopra, che costituisce una sovrastruttura’ – era un atto stravagante di praticare un culto nel falso concetto di attirare a se il favore degli dèi, in queste pratiche si riponeva soverchia fiducia o timore verso le divinità stesse. Cicerone afferma che si definiva superstizione colui o colei che di continuo stancava con voti e sacrifizi agli dèi, così che sembrassero superstiti, sani e salvi, e lungamente in vita i propri figliuoli. Quelli che tutti i giorni pregavano gli dèi e facevano sacrifici affinché sopravvivessero a loro stessi, furono chiamati superstiziosi, parola che in seguito assunse un significato più ampio; mentre coloro che ripercorrevano con curo tutto il rituale degli dèi furono chiamati religiosi da relegere, come elegante deriva da eligere (scegliere), diligente da diligere (prendersi cura di), intelligente da intelligere (comprendere).
Quindi legere che è in religiosus.
Il timore è alla base dell’atteggiamento del superstizioso, colui che commette continui sacrifici per la salvezza del proprio figlio.
La religione e le religioni – un fenomeno dal punto di vista paradossale, che ci piaccia o no, noi viviamo in una società caratterizzata dal pluralismo religioso –, hanno un elemento identitario molto forte tra le varie tradizioni religiose. I processi di secolarizzazione hanno portato dopo la rivoluzione francese (tra ‘700 e ‘800) a un distacco dalle religioni istituzionali. La secolarizzazione riduce la religione a un fatto privato, a una scelta personale che non deve più avere in una situazione di laicità di una toto un’incidenza; fino ad arrivare a una società odierna dove vive in un pluralismo religioso. Oggi l’elemento primario della religione è l’individualismo, oggi si sceglie a livello individuale non solo la propria vita, ma anche il nostro credo o, semplicemente, di non credere a niente; questo è l’esempio tipico dei processi di secolarizzazione.
Quando utilizziamo la parola religione, non ci rendiamo conto che usiamo un termine che ha una storia millenaria, dove si sono accumulati e sedimentati tanti significati che ne rendono l’uso estremamente complesso e difficoltoso. Definito nei modi più diversi, va riflettuto il significato del termine nel senso più intrinseco; anche se ne abbiamo specificato l’origine della parola, ancora oggi in discussione, non bisogna tralasciarne il senso più stretto della parola.
In epoca moderna il termine comincia a riflettere nuovi processi, grazie alla conoscenza globale dei mondi religiosi e del passato, così che il termine viene a designare il modo in cui la religione influisse sui popoli come un oggetto collettivo.
Un esempio abbastanza rilevante fu la scelta di Costantino e del suo rapporto Stato-Chiesa, a quando fu emanato il famoso Editto di Costantino, il quale concedeva la libertà di culto a tutti, quale che fosse la religione professata. L’importanza di questo Editto sta nel riconoscere la libertà di culto e, soprattutto, nel porre fine per sempre alle persecuzioni dello Stato contro i cristiani. L’ultima e più terribile persecuzione era stata scatenata da Diocleziano, nel 303-304, nei confronti dei cristiani all’interno dell’impero romano, dove gli imperatori Diocleziano, Massimiano, Galerio e Costanzo Cloro emisero una serie di editti volti a revocare i diritti legali dei cristiani, costringendoli ad adeguarsi alle pratiche religiose tradizionali romane; ma editti successivo richiederanno il sacrificio universale, offerto agli stessi dèi pagani.
Non tutte le provincie romane applicarono tale legge, soprattutto in Oriente, e mentre Galerio e Diocleziano furono persecutori accaniti, Costanzo non ne fu molto d’accordo, soprattutto suo figlio, Costantino I che, nel diventare imperatore nel 306, restaurò la piena parità giuridica dei cristiani, dove venne firmato un nuovo editto da Costantino e Licinio, suo collega nella dignità imperiale. Ai cristiani furono restituite le loro proprietà state confiscate in precedenza, ma le persecuzione non finirono in Egitto, in Palestina e in Asia Minore dal suo successore Massimino. Costantino e Licinio, il successore di Severo, sottoscrissero l’Editto di Milano nel 313 (detto anche Editto di Costantino), dove venne certificata l’accettazione più completa del cristianesimo di quella che l’editto di Galerio aveva fornito.
Si pose fine alle persecuzioni d’Oriente nel 313, la vessazione comunque non riuscì a controllare la crescente diffusione della Chiesa. Nel 324 Costantino rimase l’unico imperatore romano, facendo del cristianesimo la sua religione.
Ritorniamo a Costantino e Licino, nel 313, incontrandosi nei pressi di Milano, i due Augusti presero una decisione storica. Nessuno dei due erano cristiani eppure, Costantino stesso, rimasto unico imperatore, verso la sua morte si battezzò al cristianesimo facendone il proprio credo e, dunque, la sua religione. Questa sua scelta è ancora motivo di discussione tra gli storici, molti sostengono che fosse un uomo con una forza religiosa intrinseca, ma, paradossalmente, rimase scettico verso la fede per quasi tutta la sua vita.
Alcune tesi sostengono la sua scelta come un metodo, una tattica per unificare il popoli e, quindi, l’impero stesso; notando quanto i cristiani fossero uniti tra di loro, quanto questo potesse essere utile. Di certo: dopo l’Editto, Roma e il suo impero vissero una stagione di libertà religiosa, garantendo una pacifica convivenza tra le due regioni all’interno del suo grande Stato multietnico. Ma sarà nel 380, con l’imperatore Teodosio, quando verrà emanato un nuovo Editto, quello di Tessalonica, nel quale verrà proclamata come religione di Stato proprio il cristianesimo. Era indispensabile che lo Stato mantenesse e garantisse l’unità religiosa – sarà solo in età moderna che si affermerà, in Europa, un’idea diversa di uno Stato e Chiesa e della loro natura distinta, rimanendo separate.
L’Editto di Tessalonica segnò una svolta cruciale, ponendo le basi che verranno protratte nel corso di tutto il Medioevo, dove il Sacro Romano Impero costituirà la sublimazione del modello di Stato
cristiano; in questo modello di Stato-Cristiano ai re spettava fare le leggi, governare, giudicare i crimini (potere temporale), ma non separati dal potere spirituale della chiesa: in poche parole i sovrani devono difendere la cristianità sia dai nemici esterni, che da quelli interni. La morale e le leggi rappresentavano non solo la fede, ma anche le leggi di uno Stato unite a quest’ultime, poiché le leggi di uno Stato cristiano dovevano essere coerenti con la morale cristiana.
Ma le cose cambiarono in età Moderna, dove la nascita di regni e Stati importanti cominciarono a vedere il papa di Roma come uno stato straniero.
Un altro popolo scelse il cristianesimo, i vichinghi Rus, si stima che la data più frequentemente citata per il “Battesimo della Rus” è il 988, sotto Vladimir I. Quando quest’ultimo convertì il paese al cristianesimo per sua decisione – e cioè del Gran Principe Vladimir I, detto il Grande o il Santo –, e anche come questi scelse la fede greco-ortodossa al termine di una analisi di comparazione con l’Islam, il giudaismo e il cattolicesimo romano. Una leggenda narra che i prìncipi di Kiev, da usanza vichinga del bere dopo la vittoria di una battaglia, erano restii alla scelta verso l’Islam per tale proibizione. Tuttavia, non sono state scoperte tracce del cristianesimo nella Rus’ di Kiev prima dell’800. Le prime appaiono nel X secolo, quando fu battezzata la principessa Olga, la vedova del principe Igor. E qui si batte il dipartito tra gli storici, comunque, la maggior parte concorda sul fatto che Olga sia stata battezzata a Costantinopoli nel 957 da Romano II, figlio dell’imperatore Costantino VII nel rito ortodosso.
Il principe Vladimir era il nipote della principessa Olga, il padre non volle mai farsi battezzare, conducendo campagne contro Bisanzio, ma perse la vita e i Rus’ arrivarono a conclusione che un impero potente come quello bizantino era meglio collaborarci che combatterlo, infatti molti russi si battezzarono al cristianesimo ortodosso orientale per lavorare e vivere nelle terre greche.
Noi non possiamo uscire dalla nostra storia e dalla nostra ombra, c’è chi afferma l’esistenza di una radice religiosa profonda, universale che ha fondamento antropologico nella natura umana: identificato nel sacro. C’è chi sostiene il contrario, dove la religione sia un prodotto antropologico ma limitato, condizionato, non universale e nella sostanza pericoloso e fallace, un fattore illusorio.
Comunque la religione è un fattore che si ritrova nelle popolazioni più diverse, ma come lo si interpreti dipende solo dalle formazioni culturali, ma questa realtà non va ridotta, perché ha influenzato in millenni storia, è cultura come illusione è un’illusione stessa e resta solo il problema di come interpretarla.
Ribadiamo un concetto, ossia l’unità dello Stato, l’identità culturale intesa come spirito di appartenenza di ogni cittadino alla propria patria, si basava sulla religione. Un esempio lo abbiamo verso la religione greca, un politeismo sorto tramite un lungo processo di formazione in cui elementi pre-ellenici, di origine mediterranea e orientale, si fondono con elementi propri delle popolazioni di stirpe indoeuropea, una civiltà percepita come la forma di ordine con l’ausilio dagli dèi agli uomini. Era la sfera del divino a garantire la legislazione e la vita degli uomini, comprese le guerre e altre vicende importanti riguardanti la vita delle poleis.
Per i Romani l’attenzione a questa lealtà, come garanzia di unità e amor patrio, diventa, in periodo imperiale, culto diretto della persona dell’imperatore. Anche nelle loro conquiste era indispensabile il favore degli dèi, tanto da pregarne anche il consenso, e in seguito l’assimilazione, delle divinità pregate dalla tribù che doveva essere conquistata.
Col tempo è avvenuta anche l’evoluzione della trasfigurazione religiosa, o dell’intensificazione che l’uomo ha avuto su di essa; dalla divinità antropomorfa, la quale richiederà una dimora conforme, si avrà il tempio greco, il quale differisce profondamente dalle costruzioni orientali, ospitando una sola divinità. Anche la raffigurazione degli dei richiederà un immagine, ma questa volta in forma umana. Ma col tempo la divinità in grecia assume una divisione politica in gran numero nelle città-Stato, dando l’origine alla molteplicità di forme particolari del culto; i singoli Stati avranno le proprie divinità poliadi dove le forme fondamentali del culto e della mitologia saranno ovunque le stesse ma che differiranno avendo le proprie feste, i propri giochi solenni, il proprio calendario, i propri miti locali.
La religione romana si da la prevalenza al culto più che al mito, questo un politeismo organico con un pantheon articolato, aveva a capo una divinità suprema, Giove. I riti sono tutti amministrati dallo Stato, ma che si distingueva da culti, feste e templi dal privato al pubblico; le feste pubbliche erano celebrate pro populo romano dai sacerdoti che agivano in nome dello Stato.
Quello che a oggi noi chiamiamo culto greco-romano non è altro che un connubio tra queste due culture e le popolazioni limitrofe: oltre alla loro contemporaneità nello sviluppo, non dimentichiamo che queste due grandi civiltà erano sempre in contatto tra di loro, basti pensare alle diverse colonie e alla cosiddetta Magna Grecia; queste ultime interessavano larga parte dei territori del nostro Mezzogiorno: dalla Sicilia, Campania, Calabria, Basilicata e Puglia. A sua volta il mondo romano è sorto dall’incontro di diversi popoli che interessavano il centro della penisola italica con le sue variegate tribù, tra le quali spiccavano i Latini e gli Etruschi.
Una parte delle radici culturali dell’Occidente odierno affondano proprio nella cultura greco-romana, a cui si aggiungono, nel corso della storia, aggiungendosi con la fusione dei popoli germanici, susseguendo i contributi e le basi del cristianesimo e dell’illuminismo. Queste popolazioni e le loro culture sono tutte contemporanee al periodo storico contenuto nelle narrazioni dell’Antico Testamento – quella che è la parte più datata della Bibbia -, conoscerne il contenuto e i suoi elementi ci porta a capire meglio il mondo biblico e la successiva cultura cristiana.
Bisogna tener conto che in passato le mire espansionistiche guidate dalla necessità di controllare uno sbocco sul mare Mediterraneo avevano spinto l’avanzata dei grandi imperi proveniente da oriente, portandoli a occupare territori che andavano dall’Asia fino alle coste che si affacciavano su questo mare; permettendone una mescolanza tra lingua, usi, costumi e tradizioni.