Rimarcando quanto sia errato attualizzare la storia e, sebbene sembrerebbe logico farlo, ancor più inadatto è europeizzare la storia dei paesi situati in estremo oriente, prendiamo la Cina all’inizio dell’epoca Contemporanea, quando tra il 1895-96 dovette subire una dura sconfitta durante la guerra Sino-Giapponese; anche se questi due paesi stavano aprendo le porte agli imperi occidentali, non avevano niente a che vedere con i pensieri ereditati dalla corrente culturale che si era affermata in Europa tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento: il Romanticismo.
La prima ragione dello scoppio della Guerra Sino-Giapponese fu la rivalità tra i due paesi in Corea. Un rapporto analogo descritto come quello tra padre e figlio, o tra fratello maggiore e quello minore, veniva diretto nella questione coreana dove quest’ultima manteneva un contatto limitato con il governo giapponese, perché gli obblighi morali richiedevano un coinvolgimento diretto della Cina. Per il resto la Corea fu isolata dal punto di vista diplomatico, da qui l’epiteto occidentale di “regno eremita”.
Dopo la Guerra dell’oppio in Cina e l’apertura del Giappone per mano degli Stati Uniti (1853), la Corea finì sotto una crescente pressione per lasciare entrare l’attività commerciale e religiosa dell’occidente. Questo causò una persecuzione verso i cristiani e l’uccisione di alcuni missionari francesi, siamo nel 1866, da qui iniziarono mal contenti e atti di violenza anche contro navi straniere proveniente dagli Stati Uniti. La corte coreana cominciò a sviluppare delle fazioni che assunsero delle posizioni che appoggiavano la questione dell’isolamento, della riforma e dei rapporti con Cina e Giappone.
Nel 1873 di fronte agli insulti da parte della Corea, il Giappone minacciò quest’ultima di inviarle una spedizione se non avesse cessato. Nel 1876 la Corea firmò un accordo ineguale con il Giappone, nel quale apriva tre porti coreani al commercio.
Nel 1891 la Russia, che per trent’anni era stata inerte riguardo i suoi interessi asiatici, cominciò a costruire la ferrovia Transiberiana; allo stesso tempo l’interesse verso la Corea era per l’importanza come mercato per i prodotti tessili giapponesi.
L’ascesa del movimento anti-stranieri, l’assassinio del nazionalista coreano Kim Ok-kyun e il trattamento del suo cadavere, provocarono intensi sentimenti in Giappone, descritto come martire dell’arretratezza cinese. Questo fornì alla Cina e al Giappone il pretesto per inviare truppe in Corea.
Il Giappone dichiarò guerra alla Cina il primo agosto del 1894.
La Cina era convinta di vincere, ma si dimostrò uno scontro che palesò tutte le debolezze e i limiti del programma di auto-consolidamento. Per concludere la guerra fu costretta ad accettare gli umilianti termini del Trattato di Shimonoseki nel 1895: con esso riconosceva l’indipendenza della Corea, Taiwan e le isole Penghu venivano cedute al Giappone, come la penisola del Liaodong nella Manciuria meridionale. Infine il Giappone ebbe anche i diritti accordati alle potenze occidentali con i trattati ineguali.
Con la sconfitta della guerra Sino-Giapponese e i vantaggi ottenuti dal Giappone con il trattato di Shimonoseki, fecero precipitare l’accresciuta richiesta di privilegi quando veniva definita la “contesa della Cina”. Ma la Russia non rimase con le mani in mano, avendo paura del potere che potesse prendere il Giappone acquisendo un punti d’appoggio in Manciuria, sulla quale aveva già dei progetti, ottenne il sostegno di Francia e Germania per la richiesta di restituzione della penisola di Liaodong; il governo Giapponese d’innanzi alla minaccia di un bombardamento russo, accettò e acconsentì a un risarcimento maggiore – il ricordo di questa umiliazione pubblica porterà all’avvento della guerra tra i due paesi dieci anni dopo (questo conflitto, Sino-Giapponese, rese tanto evidente la degradazione della Cina a oggetto delle grandi potenze quanto la guerra russo-giapponese nel corso della quale, fra il 1904 e il 1905, più di due milioni di soldati stranieri si affrontarono in sanguinose battaglie sul territorio di uno stato neutrale).
Dopo l’unificazione dello stato tedesco, il suo interesse fu verso una spinta al potere mondiale, giungendo ad avvincere dell’attività economica in Cina, la Russia voleva i suoi interessi sul commercio e in egual modo anche la Francia; riservato il caso della Gran Bretagna, la quale si assicurò l’amministrazione per novantanove anni nell’aria della terra ferma di fronte a Hong Kong.
L’importanza della guerra Sino-Giapponese porterà al Nazionalismo e alla fine della Cina imperiale: le riforme dei Cento Giorni del 1898, la rivolta dei Boxer del 1900-1901 e le innovazioni apportate dall’impero mancasse, le quali contribuirono a un ulteriore sviluppo del sentimento nazionalista (da non confondere con quello europeo). Viene sempre suggerito che il nazionalismo, che denota l’identificazione della Cina come uno stato-nazionale e un interesse per la sua sopravvivenza e il suo benessere, vi fosse sconosciuto fino alla fine del XIX secolo. Ma fino a quell’epoca, i cinesi, erano politicamente consapevoli dell’identificazione del proprio interesse con l’integrità della cultura confuciana, non con la sopravvivenza dello stato.
Anche la spinta anti-Mancesi era una parte di questa identificazione, i mancesi non erano cinesi. Sebbene i Mancesi giunsero a identificarsi strettamente con la cultura confuciana, questa tradizione di resistenza a loro non scomparve del tutto: “opposizione agli stranieri”. Questo punto fu chiaro durante la Guerra dell’Oppio. Tutto questo incluse la xenofobia e il razzismo non molto lontano dagli ideali europei, la guerra provocò anche un sentimento che potrebbe essere descritto come proto-nazionalismo.
Una terza componente di Nazionalismo emerse durante un dibattito, in cui si proponeva una possibilità di cambiare la Cina per affrontare la minaccia proveniente dal mondo esterno. A un certo punto di crisi nella storia cinese apparve una dicotomia tra i sostenitori del mutamento pragmatico e coloro che volevano restare fedeli ai valori confuciani.
“Chi conosce il suo nemico e conosce se stesso potrà affrontare senza timore cento battaglie. Colui che non conosce il nemico ma conosce se stesso a volte sarà vittorioso a volte incontrerà la sconfitta. Chi non conosce né il nemico né se stesso inevitabilmente verrà sconfitto in ogni scontro” (Sun Tzu).
Fonti: J.A.G Roberts, University of California Press Berkeley, William G. Beasley, John E. Schrecker, Robert Lee, Jerome B. Grieder.