La Pulzella, settima parte

Nel medioevo non si può parlare di un sentimento nazionale, questo termine, strettamente moderno se non addirittura contemporaneo, ha comunque radici in questa epoca. Fatta questa premessa, bisogna sottolineare come il sentimento fortemente mistico e regale era intrinseco non solo in Giovanna ma anche per l’epoca. Nel pieno del XII secolo cominciano a delinearsi, in dell’Europa come luogo delle diversità e delle identità, all’interno del complesso unitario del corpus christianorum, della sancta Romana res public e della cristianità latina. Nel periodo delle crociate i francesi e quelli che appartenevano a quello che sarebbe stato il futuro stato della Germania, quindi le schiere tedesche, si fronteggiavano lanciandosi feroci epiteti; e non dimentichiamoci che c’era anche l’araldica a dividerne le fazioni: è già nelle prime crociate che c’era l’usanza di distinguere le diverse nazioni mediante l’uso di differenti croci, diversi colori cuciti sulle vesti, gli stendardi, etc…

Fra tutte le nazioni medievali in Europa, la Francia sarebbe stata la prima a raggiungere coscienza della sua identità. Questo lo possiamo trovare anche nella chansons de gest, tra il XI e il XII secolo, la vittoria della cristianità e l’amore per la douce France convergono in un sentimento comune.

Nella guerra dei Cento Anni, il territorio era abitato da chierici e universitari molto fedeli, ma nelle campagne, sebbene quest’ultima fosse ben sentita ed evidente, cominciarono a crescere quei sentimenti che nell’epoca moderna avrebbero dato inizio al nazionalismo; mentre i sentimenti patriottici erano già vivi nei cuori di coloro che vi abitavano da tempo.

Sovente nei poemi omerici, quantunque nel medioevo, le battaglie si combattevano in cielo così come in terra, nella Francia del Trecento e del Quattrocento si scontrarono la croce bianca francese contro quella vermiglia inglese. L’esercito del delfino, affascinato e animato dalla Pulzella, si sentiva come una truppa crociata che seguiva un vessillo sul quale era ricamato il nome del Signore. Il fatto che sul campo ci fosse un esercito guidato da una profetessa che innalzava uno stendardo su cui era riportato il nome di Gesù, era da solo un chiaro elemento da poter essere sfruttato dagli inglesi: un’opportunità da non farsi scappare contro l’eroina stessa, come la perplessità di una fanciulla che fatalmente andava suscitando il mondo cristiano.

Nel medioevo non era lecito che due armate cristiane si combattessero tra di loro in una crociata, almeno che una delle due non fosse composta da eretici come lo erano stati per loro i Saraceni. Come successe in Italia meridionale tra il 1229 e il 1230, quando papa Gregorio IX occupò con il suo esercito il regno di un sovrano crociato perché scomunicato; o in terra di Spagna tra 1939 e il 1939 quando i franchisti si scontrarono in una cruzada contro l’ateismo materialista e i soldati e i miliziani repubblicani che lottavano come i loro antenati medievali: contro un’invasione dei mori. Sempre nel secondo conflitto l’Asse pretese di brandire una crociata contro la Russia bolscevica, mentre gli angloamericani propagandavano la loro crociata per liberare l’Europa dal fascismo.

«A ciascuno la sua crociata!»

Dopo la salita ecco la discesa e, come in questo caso, fu molto ripida. Nell’autunno tra il 1429 e il 1430 le truppe della pulzella condussero delle azioni maldestre contro la piazzaforte di Gressart. In questo periodo successero delle cose che avrebbero segnato il processo di Giovanna, la ragazza aveva solo imparato a firmare con il suo nome, e fu l’unico passo avanti che fece nella sua lotta. Poi venne coinvolta in una faccenda poco chiara da Catherine de la Rochelle in una faccenda poco chiara di arcane signore vestite d’oro; non meno infelice fu la scelta di non riuscire a impedire che il re facesse dei doni alla sua famiglia, anche se la Pulzella non ne fu messa completamente al corrente, questo modo di agire non fece altro che aumentare le chiacchiere su di lei.

Nel 1430 Jeanette accettò di lasciarsi festeggiare sontuosamente da Orléans, la quale le era riconoscente.

Vi fu una lunga tregua tra il duca di Borgogna e Carlo VII, questa gettò le basi per una riunione di pace. Giovanna credette che si dovesse mettere tutti di fronte al fatto compiuto, soprattutto il duca di Borgogna, il re e Bedford. Ma lei aveva avuto una profezia, sapeva che sarebbe durata un anno e non di più, anche se l’accompagnarono altri prodigi e altre visioni, non era più chiaro al servizio di chi fosse: forse solo delle sue voci.

La pulzella si mosse verso Compiégne, che si preparava a sostenere un nuovo assalto da parte del duca di Borgogna; ma fu bloccata alle soglie dalla controffensiva armata, le furono chiuse in faccia le porte di Compiégne. Non si sapeva più se tale atto fosse dettato da un errore, dal panico o dal tradimento. Giovanna cercò di rientrare dentro la cinta muraria, ma fu catturata da Lionel del Wamdonne, luogotenente di Jean de Luxemburg conte di Ligny che era vassallo fedele del duca di Borgogna.

Catturata dai Borgogna il 23 maggio del 1430, Giovanna fu immediatamente considerata una preda scomoda. Reclamata dagli inglesi e dall’inquisizione, trascinata da una regione all’altra in attesa di giudizio.

Il re di Francia non fece nessun tentativo per liberare la ragazza. Il duca non avrebbe opposto resistenza a una finta evasione, nel fare fuggire colei che aveva messo Carlo VII sul trono, ma Giovanna interessava agli inglesi. Questi ultimi non avrebbero mai lasciato la responsabile delle loro sconfitte, in più erano fermamente convinti delle sue azioni ereticali, screditando l’unzione sacrale verso il delfino. La Francia, per ovviare a tale disonore, la diffamò tramite delle lettere, affermando che nel corso degli event ella fu preda della superbia, della sua vanità del suo amore per i  begli abiti e per le belle armi e che c’era già pronto chi l’avrebbe sostituita.

Per circa sei mesi Giovanna fu spostata da un luogo di prigionia a un altro.

Da qui ebbe inizio il suo calvario, e fu sola la contro tutti.

La lunga prigionia ne aveva fiaccato il corpo e lo spirito, iniziarono per Giovanna le sfibranti sedute dell’istruttoria: l’accusa era di eresia e l’Inquisizione intendeva provarla con ogni mezzo. Fu affidata a un corpo di guardia inglese non composto da gentiluomini, avevano ricevuto il preciso ordine di sfiancarla moralmente, soprattutto perché facili e famosi per le loro intemperanze verbali. Fu rivestita di insulti, fu sottoposta a ripetuti e continui tentativi di stupro, ma non andati a “buon fine” – il loro compito era buttarla giù di morale, mortificandola per indebolirne l’animo.

Il processo non fu regolare, gli arbitri, gli abusi e le omissioni di certo non mancarono. Tuttavia il processo non era stato corrotto dagli inglesi e questi ultimi non avevano intimidito nessuno per portarlo all’esito che più preferivano. Nella prima parte del processo non vi fu nessun caso di corruzione, nulla toglie, però, che vi fossero delle irregolarità: una donna processata senza patrocinatori non era nella legalità di quei tempi. Di sicuro la pratica della concessione di un curator alle minori di venticinque anni era frequente.

Nella prima parte del processo Giovanna non correva alcun rischio di vita, sarebbe bastato convincerla di eresia, dimostrare che le sue opinioni di fede o quantomeno le sue voci erano cose in qualche modo eterodosse e il gioco sarebbe stato fatto. Si voleva provare che in lei non vi era nulla di santo e di connesso con la volontà di Dio, ma che semplicemente si fosse inventata tutto.

Ma Giovanna non aveva alcuna intenzione di rinnegare le sue voci e le azioni che queste le aveva ispirato, questa sua convinzione, purtroppo, li portò a pensare che, allora, le sue voci fossero state mandate dal demonio.

Pubblicato da isottafranci

Scrittrice, illustratrice, pittrice e appassionata in storia

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