Sotto il profilo sacrale e spirituale il trono di Francia era ancora vuoto, la consacrazione mediante unzione con il crisma contenuto nella Sacra Ampolla aveva importanza sul piano spirituale ma non sul piano giuridico. Un re taumaturgo era un conto, ma erano i diritti dinastici e le definizioni giuridiche a definire il diritto di cinger la corona.
Il giovane Enrico VI non era mai stato coronato, nipote, da parte di madre, di Carlo di Valois (quest’ultimo fu diseredato, desiderato dal padre a vantaggio della sorella).
Nel mondo a cui apparteneva Giovanna il re era prima di tutto una figura benedetta: un taumaturgo il cui tocco, dopo la consacrazione, poteva guarire le malattie; era il successore di San Carlomagno – l’imperatore franco canonizzato nel XII secolo, per volontà di Barbarossa – e di San Luigi.
Altri personaggi che ebbero a che fare con la nostra Jeannette furono Giovanni II d’Alençon, secondogenito del duca Giovanni I, il titolo di duca gli era giunto in quanto suo fratello maggiore era morto nel 1415. Si era visto togliere il ducato dagli inglesi, e costretto a rifugiarsi dal delfino, stimato da quest’ultimo, con l’onore di essere il padrino del figlio, il futuro Luigi XI.
Nel 1424 fu preso prigioniero dal duca di Clarence, pagò una grossa somma per il riscatto, ritornato al fianco di Carlo di Valois, il 6 marzo incontrò Giovanna. Per entrambi scattò un colpo di fulmine, tanto che Giovanna lo nominò “il bel duca”.
Nel 1429 durante l’assedio alla piazzaforte di Jargeau, la fanciulla salvò la vita al suo duca ordinandogli di ritirarsi; un atto del tutto insolito visto che la Pulzella, generalmente, incitava all’assalto, infatti in quell’occasione il duca ebbe salva la vita e al suo posto morì un altro combattente.
Per quanto riguarda il Bastardo e la Pulzella, Giovanni d’Orléans, difensore della piazzaforte di cui portava il titolo feudale, quando nel 1429 giunse Giovanna, era coetaneo del delfino. Il rude inizio tra i due, i rimproveri continui che Giovanna gli recava senza indugio, condussero il loro rapporto a una duratura amicizia, dando inizio a ulteriori fantasticherie nella bocca della gente.
Gilles de Rais (Barbablù) era un uomo inquieto e sensibile, l’incontro con la Pulzella lo cambiò, mutandolo profondamente: infatti la sua morte lo segnò, scuotendolo a tal punto da lasciarlo nella disperazione. Qui ebbero inizio i suoi infanticidi, l’alchimia e le spese folli, dando origine a una delle fiabe più celebri.
Fu condannato nel 1440 e giustiziato dopo un processo che aveva messo a nudo i suoi terribili delitti.
Finalmente il delfino e il suo seguito giunsero d’innanzi alla cattedrale di Reims, era la sera di sabato 16 luglio 1429. La mattina seguente i quattro cavalieri detti “gli ostaggi della Santa Ampolla”, si incamminarono verso l’abbazia di Saint-Reims, dove era conservata la preziosa reliquia che gli angeli avevano recato dal Cielo per il battesimo di Clodoveo.
Tutto si svolse secondo il rito tradizionale, il re prestò i giuramenti prescritti, furono benedette le insegne del potere regio: la corona, gli sproni, lo scettro e la “mano di giustizia”. Il sovrano, ancora prosternato sui gradini dell’altare mentre si cantavano le litanie, venne unto dall’arcivescovo con il sacro crisma sulla testa, sul petto, sulle spalle, sulle gambe e sulle braccia. A questo punto il re vestito solo di una lunga camicia e calzature, ricevette la tunica e una cappa serica, gli si unsero le mani per poi calzare un paio di guanti e un anello, simbolo dell’unione tra il sovrano e il popolo. I pari del regno (sei laici e sei ecclesiastici) tennero sospesa sulla sua testa la corona, mentre egli si avviava verso la pedana dove stava collocato il trono; quivi, con la corona sulla fronte, il re si sedette finalmente in maestà mentre suonavano le trombe alle grida del popolo.
«Noël!» in ricordo del fatidico Natale del 496, quando Clodoveo venne consacrato e battezzato re.
Durante tutta la cerimonia la Pulzella era rimasta accanto al sovrano, tenendo alto il suo bianco stendardo.
Giovanna aveva succhiato il latte materno a Domrémy, villaggio appartenente al patrimonio della chiesa di Saint-Reims, che aveva in San Remigio il patrono della chiesa parrocchiale –, il culto della sacralità regia della Francia. Ogni anno, il 6 ottobre in occasione della festa del santo, si narrava il leggendario racconto del battesimo di Clodoveo, soprattutto della Santa Ampolla contenente il crisma della consacrazione che la colomba dello Spirito Santo (secondo la tradizione) aveva recato dal Cielo affinché i re di Francia fossero unti come lo era stato Davide dal profeta Samuele nel racconto Biblico.
La regione al confine con la Germana in cui Giovanna era nata – tra Francia e la futura Germania – era piena di questi riferimenti sulla sacralità religiosa. In queste terre erano diffusi i culti regali di “San” Carlomagno e dei Re Magi.
La liturgia convergeva con il sentimento popolare verso una devozione del Cristo Re, dove i sovrani terreni erano sentiti come vicari e figure del Sovrano Celeste, che ne era il modello. Per il popolo era re chi era unto col sacro crisma dell’ampolla di Reims secondo il rito avviato dal sacro vescovo Remigio, davano più importanza al carisma che ai diritti dinastici, giuridici, ai trattati e alle leggi: era re chi cingeva la corona benedetta all’altare. Il re unto acquistava anche il potere arcano di guarire le scrofole, un’affezione ghiandolare allora diffusa.
Il battesimo di Clodoveo fu il primo di una lunga serie di riti di consacrazione regia di cui la cattedrale di Reims fu testimone.