La Pulzella d’Orléans, città che Giovanna aveva valorosamente liberato dall’invasione inglese, aveva appena diciassette anni.
Jeanette si sottoponeva a continui digiuni religiosi o a restrizioni alimentari, sebbene dai vangeli apocrifi Maria ebbe la visione dell’arcangelo Gabriele alla sua prima mestruazione – a tredici anni –, la nostra protagonista, anche se le apparve Michele e non Gabriele, non le aveva mai avute o, probabilmente, soffrisse di disturbi del ciclo. A oggi si sa che tutto questo, i disturbi mestruali fino ad arrivare all’assenza, fu dovuto alla carenza alimentare indotta da lei stessa per motivi religiosi.
Le prime voci le udì nell’estate del 1425, nel giardino di casa. Era mezzogiorno e Giovanna, da ragazzina, era digiuna. La voce, buona perché veniva da destra, era accompagnata da una forte chiara luminosa; era la voce dell’arcangelo Michele, Jeanette ne ha sempre proclamato l’autenticità e la sua piena sicurezza. Più tardi le voci sarebbero state di Margherita di Antiochia e Caterina di Alessandria
Ma cosa dicevano le voci?
Giovanna doveva adempiere alla volontà di Dio, il quale imponeva la liberazione della Francia dalla presenza dell’invasore: gli inglesi.
La ragazza, nelle sue interazioni nelle quali vedeva anche le figure dei suoi interlocutori, ne era intimorita, soprattutto perché da bambina aveva già vissuto gli orrori della guerra. Le voci, nel corso del tempo, andranno facendosi più frequenti, insistenti e perentorie; pretendevano che la giovane fanciulla si facesse carico della questione, diventando profeta di Dio come quelli del Vecchio Testamento: le ordinavano di recarsi in Francia – nelle terre controllate dal delfino –, ripetendole di avere una missione per conto del Signore, ed era quella di liberare la città d’Orléans, una città a guardia del ponte che univa le due sponde, inglese e francese.
Tutti chiacchieravano delle voci di Giovanna, dai parenti, agli amici ai vicini; invece i genitori non ne furono affatto contenti, avrebbero preferito vederla andare in sposa e avevano già individuato il loro futuro genero.
Nel 1428 si recò presso lo zio a Vaucouleurs, fu una scusa per poter incontrare il capitano del posto, ma le chiacchiere che già giravano su di lei fecero rifiutare a quest’ultimo sull’insistente richiesta di udienza di Giovanna e dello zio. Nel 1429 il capitano accettò per farla finita una volta per tutte a quell’assurda storia, liberandosi delle loro inopportune ostinazioni. Ma il rude capitano di Vaucouleurs, anche se non si lasciò convincere, rimase stupito dall’incontro con la fanciulla; non si è a conoscenza di quali fossero le sue vere motivazioni, ma prima la spedì dal duca di Lorena e Renato d’Angiò, esorcizzata dal parroco di Vaucouleurs e poi mandata direttamente dal delfino.
Alla ragazza fu assegnata una piccola scorta di nobili locali, spontaneamente offerti d’accompagnarla, permettendole di indossare abiti maschili e cavalcando un cavallo donatole dai compaesani.
Il “suo dolce delfino” – come lo chiamava Jeanette –, Carlo di Valois, risiedeva al castello di Chinon, sulla sinistra della Loira, e Giovanna, costantemente accompagnata dalla sua scorta, lo raggiunse dopo undici giorni di viaggio, tra percorsi secondari onde evitare i centri abitati e percorsi più in vista.
Ci sono svariate teorie su come andarono le cose, a prescindere dalla tempestività dell’arrivo delle lettere che informavano il delfino dell’arrivo della Pulzella, anche Giovanna stessa lo informò dei piani Divini e che lo avrebbe aiutato a sgomberare Orléans dagli inglesi, scortato fino a Reims per farlo consacrare secondo le tradizioni.
Jeanette aveva appena diciassette anni, mentre il delfino ne aveva ventisei. Un giovane debole nel fisico e nel carattere, figlio di un padre con degli evidenti squilibri mentali: era un uomo indeciso, inquieto, permaloso e apprensivo. Carlo era dominato dai consiglieri e dai suoi favoriti, si logorava all’interno della sua dimora nella fredda rocca di Chinon per l’infausta notizia ricevuta, la quale riguardava proprio la “giornata delle aringhe”, detta così dal giorno della Quaresima nel quale la battaglia aveva avuto luogo: Orléans era assediata dagli inglesi.
Storicamente il volto di Giovanna appariva gradevole, anche se era una ragazza bella, agli occhi del delfino appariva indifferente, ma da un lato nutriva curiosità verso questa figura vestita con modesti abiti maschili, un casco di capelli neri corti; però neppure lui poteva ignorarne le profezie al suo seguito, e dei primi segni che ella gli avrebbe fornito. Quando Jeanette si presentò al suo cospetto il delfino si era confuso tra i suoi sudditi, ella lo riconobbe in mezzo ai suoi nobili e cortigiani. Non lo aveva mai visto, al posto del seggio da delfino c’era un uomo che fingeva di possederne tale carica, ma Giovanna sapeva già da prima (grazie ai suoi segni) con chi doveva parlare. Dalla sua sicurezza nel muoversi tra la corte, da come si approcciava e aveva riconosciuto il delfino, nacque la leggenda che lei fosse di nobili origini. Venne esaminata dalle grandi teste dell’università rivale parigina: quella do Poitiers. Quivi Giovanna fu interrogata, parrebbe, per quasi due settimane a proposito della sua ortodossia e della sua devozione, mentre una commissione di sagge e venerabili signore provvedeva a vegliare con attenzione ogni aspetto della moralità. L’esame fu rigoroso ma la Pulzella lo superò con esiti che non lasciarono alcun dubbio, da questo punto sarebbe stata chiama La Pulzella, ossia la vergine.
Fu Marie Robine, Marie d’Avignon, a pronunziarne la profezia ricordata, durante l’esame di Giovanna, dal teologo Jean Erault.
Una carta profeticamente da tempo annunciata e che andava giocata, anche se a quei tempi giravano molte veggenti e profetesse, Giovanna appariva come la più credibile e concreta, soprattutto perché era portatrice di un messaggio nuovo: non si limitava a sentire delle voci e a formulare delle profezie.
Quasi contemporaneamente le cronache del tempo ci danno notizia di un’altra giovane paladina, una tal Pieronne la Bretone, la quale guerreggiava assieme a una sua amica al fianco dei ribelli a favore del delfino e che fu arsa sul rogo nel 1430, inquinato affermava che Dio le appariva spesso in forma umana. Ma Giovanna a differenza di quest’ultima aveva idee più chiare, anche a livello teologico.
Giovanna si fece fabbricare un’armatura, le venne assegnato uno stendardo con le insegne che lei stessa aveva scelto ispirata alle voci. In circostanze particolari, quasi miracolose, le venne trovata anche una spada. Si cercò di relegare la ragazza in funzione di tipo carismatico, come un simbolo, ma ella non volle sentire ragioni: lei doveva fare come le era stato detto dalle voci, non si doveva limitare a pregare ma portare le armi ed essere a capo della guerra. Fu così che le assegnarono un’équipe militare.