La Pulzella, prima parte

Enigmatica ragazza vissuta meno di vent’anni nella Francia del Quattrocento sconvolta dalla guerra dei Cent’Anni, una contadina lorenese, una cosiddetta visionaria che volle diventare un guerriero e che, nel seguito, fu arsa come eretica da un tribunale dell’Inquisizione.

La figura di questa paladina, proiettata ai giorni d’oggi, è purtroppo attualizzata e quindi fraintesa. Era una donna, vero, ma volle vivere e combattere come un uomo per un ideale femminista, era anche una devota cristiana ma che non intese piegarsi alla disciplina Cattolica della Chiesa e per questo morì bruciata come eretica; era una donna, una contadina analfabeta di una provincia quasi germanica del paese, eppure diventò – e lo è tutt’oggi – il simbolo della Francia.

A oggi, su di lei, si leggono congetture: c’è chi parla della sua omosessualità, c’è chi si chiede cosa ci facesse al suo fianco Gilles de Rais, pederasta e infanticida, mago e alchimista; giudicate le sue allucinazioni, le voci divine che la guidavano, trascinandola per secoli da tutte le parti ideologiche.

Esiste una Giovanna contraddittoria e una nazional-popolare, una di destra e una di sinistra e chi ne proclama il prototipo di femminista; a torto di questa follia pura dell’attualizzazione, Giovanna non rivendica abiti e ruoli maschili per una parità di sessi o per un gusto sessuale, al contrario, ella voleva spogliarsi del suo voler essere donna e vivere, lottare come un uomo, perché maschilizzarsi era parte della sua missione.

Nel primo grande conflitto mondiale i francesi nazionalizzarono il suo simbolo, ma durate il secondo conflitto ritornò al suo angolo contraddittorio. Collaborazionisti e filotedesci ci vedevano il simbolo della secolare inimicizia nei confronti dell’Inghilterra, gollisti e membri della resistenza, i quali la vedevano come tutrice della patria contro gli invasori.

Lo sbaglio di questa sua nazionalizzazione e del simbolo patriottico viene ampliato dalla vera posizione che ricopre il suo essere; in realtà, Giovanna, non è all’alba della nazione, ma semmai dello stato assoluto. La dimensione nazionale esisteva nel XV secolo, vero, anzi, era già viva nel Tardo Medioevo: e con essa la rivalità e i pregiudizi. Ma questo mondo, quello prima dell’avvento dei nazionalismi, era ancora lontano dal tradursi in idee-forza.

Giovanna non amava gli Inglesi, ma sapeva che il loro re, Enrico VI, era in realtà francese per lingua, tradizione e dinastia (con discendenza normanna) non meno del suo delfino di Francia Carlo, poi divenuto Carlo VII. I francesi erano molto sostenitori di Enrico VI, a cominciare dal duca di Borgogna, Filippo il Buono. È per questo che dobbiamo affermare che Giovanna non era nazionalista, ma era carismatica; ella seguiva le sue voci, soprattutto quando la comandavano.

Quindi, durante questo periodo, fino alla caduta di Napoleone Bonaparte, teniamo fuori discorsi sul nazionalismo.

All’inizio della guerra dei Cent’Anni i francesi erano convinti di sbaragliare gli inglesi grazie alla forza della loro splendida cavalleria pesante – non dimentichiamo che la cavalleria è nata con la franconia – composta da aristocratici. Ma la forza inglese stava nei frugali montanari scozzesi dal passionale sangue celtico e dagli stessi gallesi, che non erano altro che fanteria coraggiosa e instancabile che, a più riprese, riuscirono a umiliare i superbi della cavalleria francese. A essi si affiancava il braccio degli arcieri inglesi con l’imbattibile sangue guerriero anglo-sassone, e anche qui i gallesi li appoggiarono con non meno maestria. I bowmen armati dei loro lunghi archi che dal Duecento erano simbolo della popolazione occupata dai normanni: yeomen e freeholders, contadini soggetti alla giurisdizione del sovrano, ma che nei giorni di festa esercitavano l’abilità dell’arco come segno esteriore di libertà (non dimentichiamo l’esemplare descrizione di tali tornei del romanzo di Walter Scott, Ivanhoe). Gli arcieri Inglesi fronteggiarono e superarono i balestrieri mercenari genovesi, il meglio che l’industria da guerra trecentesca potesse fornire; la freccia lunga era troppo sensibile al vento e aveva una capacità di penetrazione relativamente scarsa, mentre i dardi delle balestre erano precisi e penetravano l’armatura, ma, di contro, il tempo per ricaricare una balestra era sufficiente per un arciere a scoccare un’altra freccia.

Anche l’uso di bombarde che, assieme al coordinamento della cavalleria inglese e degli stessi arcieri portarono alla vittoria di questi ultimi contro il radicato preconcetto francese sulla superiorità della loro cavalleria.

Ma quando entra in gioco Giovanna?

Mettiamo in chiaro alcuni presupposti e chiarimenti sul suo personaggio e la sua persona: noi la chiamiamo Giovanna d’Arco, ma ai suoi tempi nessuno la chiamava così, durante il suo processo dichiarò di essere chiamata Jeannette, il nome Jeanne le era stato attribuito solo quando era venuta in Francia. Affermò che nel suo paese le ragazze portavano il nome della madre, si sarebbe dovuta forse chiamare Romée, ma era più un soprannome che un nome. Specifichiamo che il cognome non era proprio del medioevo, anzi, e che ancora nel Quattrocento i cognomi moderni erano ancora instabili – visto che il cognome nasce nell’era moderna verso il 1564 –; sarebbero emerse poco a poco, fissando patronimici, toponimi d’origine, epiteti professionali, soprannomi, etc…

Giovanna si era sempre definita Giovanna la Pulzella, e fu così che si venne a imparare e a conoscere in Francia. Il suo cognome verrà trovato alla riapertura del suo processo nel 1455, scritto secondo la grafica Darc (che però fu più usato per la famiglia che per lei). Solo nell’Ottocento esso venne fissato nella forma che conosciamo oggi come d’Arc; prima d’allora lo troviamo in svariate grafie come: Dars, Dai, Day, Darx, Care, Tarc, Tard, Dart, Tart.

Considerando la pronuncia marcata e molto dura del francese parlato in Vosgi e Lorena, si sostiene che la forma preferibile fosse Tart, quella d’Arc che prevalse deriva forse dal toponimo che nel parlato non le riguarda, un tentativo di nobilitarne le origini.

Pubblicato da isottafranci

Scrittrice, illustratrice, pittrice e appassionata in storia

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