I Normanni dell’Italia meridionale (XI) furono anche tra i protagonisti di uno degli eventi più significativi dell’età medievale: le crociate.
Il pontefice Urbano II, durante il Concilio di Clermont-Ferrand (novembre 1095), aveva deplorato le lotte fratricide tra i cristiani esortando un pellegrinaggio in Terrastanta come mezzo di purificazione dei peccati e come occasione per recare aiuto alla Chiesa orientale minacciata dagli infedeli. A oggi sappiamo benissimo che quest’ultima non era minacciata dagli “infedeli” ma, al contrario, temeva proprio la Chiesa romana d’occidente. Infatti, la richiesta di aiuto contro i Turchi appare difficilmente credibile, dato che la Chiesa d’oriente aveva da temere più dagli occidentali che dai Turchi; il pericolo veniva proprio da Occidente, soprattutto a opera dei Normanni che, dopo aver rinunciato alla conquista di Costantinopoli, avevano concentrato le loro mire sui territori bizantini nei Balcani.
Sottolineiamo che i Cristiani avevano già conquistato Gerusalemme e che, chi ascoltò le parole di Urbano II, aveva sicuramente caricato e marcato in maniera esponenziale il significato delle sue parole. Dalla generica esortazione del pontefice a un semplice pellegrinaggio, si passò a un vero movimento di fede; questo fu perché la società europea della fine del XI secolo era prevalsa da un forte slancio espansivo: la popolazione era in aumento, nuove terre venivano messe a coltura, i mercanti, soprattutto italiani, contendevano ai musulmani il controllo dei commerci nel Mediterraneo. Tutto questo condito a un confuso ottimismo con profonda inquietudine religiosa – alimentata da predicatori –, allo stesso tempo c’era il desiderio di espiazione dei peccati che, unito allo spirito di avventura, facevano incrementare sempre di più il numero dei pellegrinaggi.
La Spagna, allora, era teatro di guerra tra Cristiani e Musulmani, vedere il pellegrinaggio al santuario di Compostela.
La scusa che i turchi minacciassero le comunità Cristiane d’Occidente sui pellegrinaggi a Gerusalemme, non può essere considerata un elemento decisivo. Nei territori a loro sottomessi i musulmani assicuravano ai cristiani libertà di culto e forme di autonomia, che i loro correligionari residenti nei territori cristiani non si sognavano neppure.
C’è da sottolineare che i Turchi erano da poco convertiti all’Islam e quindi meno tolleranti degli Arabi, niente però autorizza a credere che le condizioni dei Cristiani in Terrasanta si fossero aggravate.
Di certo è, che, non va sottovalutata la componente religiosa del movimento crociato.
Nel Medioevo l’uomo era al centro di tutto, ma era un centro spirituale in continua ricerca dell’accomunar con la fede e Dio; la religione premeva la vita dell’uomo in una misura che noi oggi abbiamo difficoltà a cogliere (perché non siamo uomini medievali). I cavalieri francesi, fiamminghi, lorenesi e italiani che si diressero in Terrasanta, erano mossi non solo dallo spirito di avventura e dal desiderio di conquista, ma anche da un forte entusiasmo religioso, senza il quale non si potrebbe spiegare come riuscissero a superare gravissime difficoltà di carattere ambientale e organizzativo.
Nel 1095 fu promossa la cosiddetta crociata dei poveri, dove a capo c’era un predicatore di nome Pietro di Amiens detto Pietro l’eremita. Ne furono protagonisti gruppi numerosi di poveri ed emarginati, male armati e privi di qualsiasi forma di organizzazione. Si misero in viaggio verso Oriente attraverso le valli del Reno e del Danubio, il loro passo fu segnato ovunque da saccheggi e massacri di Ebrei, non per motivi razziali (all’epoca non esistevano), ma per motivazioni spinte dalla religione. Questo clima di grande emozione religiosa venne dimostrato soprattutto dalle zone, per l’appunto, rivolte verso gli Ebrei, soprattutto in Francia e quella che oggi è la Germania. Del pellegrinaggio, quelli che sopravvissero al cammino tra cui vecchi, donne e bambini, furono massacrati a loro volta dai Turchi. Pietro l’eremita fu uno dei pochi a salvarsi, attendendo l’arrivo dei crociati a Costantinopoli.
Urbano II, preoccupato per la partenza indiscriminata dei pellegrini fanatici, insistette per la partenza crociata nel 1096, doveva fermarli e riprendere l’ordine sociale. A lui rispose il fior fiore della feudalità, soprattutto francese.
La spedizione si mosse nel giugno del 1097, procedendo in mezzo a gravi difficoltà. La stagione estiva, in MedioOriente, non era la più propizia per un esercito di cavalieri armati in maniera inadeguata alle condizioni climatiche, oltre che impreparati ad affrontare un nemico che si esponeva velocemente e faceva largo impiego arcieri e di cavalieri armati alla leggera.
Ciò nonostante il 15 luglio del 1099, dopo cinque settimane d’assedio, si giunse alla conquista di Gerusalemme che fu accompagnato al massacro quasi totale della popolazione musulmana ed ebraica.
Tra il Cinquecento e il Seicento gli storici protestanti non videro di buon occhio la questione delle crociate. Tale pensiero fu ripreso dagli Illuministi, i quali vi videro un prodotto di intolleranza del fanatismo (sentimento di cui si appropriarono in primis durante e dopo la Rivoluzione francese).
La polemica sulle crociate, così come quella del Medioevo, finì con l’avvento del Romanticismo, con il quale oggetto di valutazione positiva divenne proprio la passione religiosa, che consentì ai crociati di superare difficoltà che sembravano insormontabili. La passione religiosa portò alla passione scientifica e sentimentale, innalzando un sentimento nazionale che poi divenne nazionalista e razzista.
Da allora il sentimento delle crociate e il loro movimento venne mantenuto vivo sin dopo il Secondo conflitto mondiale. Nel secondo dopoguerra si crearono due movimenti: uno fu l’apporto di specialisti del settore da quelli della ricerca storica tradizionale e dall’altro l’attualità che il tema ha raggiunto tra storici israeliani e storici arabi sulla legittimità di stato Palestina o Israele in netto contrasto dal regno latino di Gerusalemme.
La crociata fu un movimento complesso che segnò, per almeno tre-quarti del secolo, la società europea e che coinvolse papi, sovrani, cavalieri, poveri, pellegrini senza però sviluppare una vera e propria ideologia; semplicemente perché chi vi partecipò visse in maniera individuale tale esperienza, con la propria visione e i propri ideali di tale movimento, unito solo da un credo religioso.